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giovedì 22 gennaio 2009

CCCP - Affinità divergenze tra il compagno Togliatti e noi (del conseguimento della maggiore età) [1986]

I CCCP possono ragionevolmente ambire al titolo di massima rock band italiana di sempre. Si continuerà a discutere all'infinito sul rapporto tra la nostra scena e quella internazionale, sulla specificità "locale" della realtà italiana e sulla (presunta) impossibilità di confrontarla con quella d'ascendenza anglo-sassone, ma un fatto è certo: la band emiliana è riuscita a catturare lo spirito di quella cosa che tutti chiamano "rock", e lo ha fatto con un linguaggio che, pur risentendo del contesto d'origine - Europa, Italia, Emilia (paranoica e non) - può ritenersi appieno "universale". In questo connubio, così spinto da apparire spesso surreale, tra provincia italiana e avanguardie internazionali, sta la grandezza del gruppo, il cui fervore punk è incarnato anche fisicamente dal cantante-sciamano Giovanni Lindo Ferretti: ossuto, nevrotico, allucinato, quasi una sorta di John Lydon padano.

I CCCP nascono nel 1982 in una discoteca di Berlino, dall'incontro di Ferretti con il chitarrista Massimo Zamboni. I due si muniscono di drum machine e suonano in giro per la Germania. Il ritorno in Italia porta l'illuminazione. La cultura popolare emiliano-romagnola, tradizioni comuniste comprese, può essere filtrata da etica ed estetica punk. Le coordinate sonore della band sono soprattutto la scena elettro-industriale tedesca, dai Kraftwerk agli Einsturzende Neubauten, il punk e proto-punk americano (MC5, Stooges, Ramones), il cantautorato italiano (Franco Battiato in primis) e la dark-wave britannica (dai PIL ai Bauhaus). Ma i CCCP non sono l'ennesima copia di una band straniera: sono una band provinciale italiana che ha deturpato tutto quello che poteva essere tradizionalmente italiano, dalla canzonetta al ballo liscio, e l'ha tritato in un frullatore punk a velocità supersonica.

Dopo un paio di Ep, i cui brani vengono raccolti su "Compagni, cittadini, fratelli, partigiani" (1984), i CCCP pubblicano nel 1986 il loro vero primo album, dal chilometrico e icastico titolo di "Affinità e divergenze fra il compagno Togliatti e noi. Del conseguimento della maggiore età". E' un periodo cruciale per il rock italiano: due anni prima, infatti, era uscito "Siberia" dei Diaframma, l'anno precedente "Desaparecido" dei Litfiba, due dischi-chiave per la nascente scena "new wave". Ma rispetto a Litfiba e Diaframma, i CCCP sono ancor più radicali ed eversivi. Nessuno prima di loro aveva osato infarcire le canzoni italiane con simili dosi di violenza, disperazione e paranoia.

Le loro provocazioni sarcastiche - che dal vivo si accompagnano al circo surreale di Danilo Fatur (Artista del popolo) e Annarella Giudici (Benemerita Soubrette) - si riflettono fin nella confezione dell'album. La copertina è beffardamente griffata in stile "socialismo reale", con l'effige del "compagno Togliatti" sullo sfondo. L'originale è in vinile rosso, firmato "Attack Punk Records", con su un lato il ritratto di un punk, sull'altro la scritta "Punk filosovietico/ musica melodica emiliana". Farvi scivolare la puntina sopra (o, più prosaicamente, inserire il cd ristampato dalla Virgin nel lettore) equivale a una seduta di elettroshock prolungata.

Pronti via: ecco subito l'urlo-proclama di "CCCP", con le chitarre gracchianti e un ritornello che mette subito in chiaro le (in)certezze politiche del gruppo: "Fedeli alla linea e la linea non c'è". Un nugolo di feedback, un basso indolente e una batteria elettronica che è una pulsazione continua sono il marchio di fabbrica della band, che torna subito alla carica con uno dei suoi inni: "Curami". I CCCP cantano le psicosi di una generazione di zombie, che percorre gli anni 80 di traverso, sentendosi costantemente fuori posto. Per questo, più che l'amore e i buoni sentimenti, invocano una cura, una medicina che liberi la mente dagli incubi paranoici da cui è ossessionata: "Prendimi in cura da te, curami, curami", implora Ferretti con il suo canto rantolato, tra il giro punk della chitarra e i tintinnii stranianti di uno xilofono; poi, la canzone sembra quasi incantarsi nella reiterazione ossessiva (altro tipico espediente dei CCCP) della frase "Solo una terapia, solo una terapia!". Alla fine, non restano che il bit meccanico della batteria elettronica e gli ultimi spasmi dello xilofono. Non siamo molto lontani dalle crisi di nervi dei PIL.

Le droghe, per i CCCP, non sono mai funzionali all'eccitazione o all'ampliamento delle facoltà percettive: sono antidepressivi, calmanti, sonniferi... sono il "Valium Tavor Serenase": "Il valium mi rilassa/ il serenase mi stende/ il tavor mi riprende". I ritmi del brano, invece, sono forsennati: una sfuriata hardcore di violenza inaudita che si spezza di colpo per lasciare il campo a un intermezzo di liscio ("Emilia mia, Emilia in fiore", in puro tre quarti da balera!). Il punk che sposa Casadei: che inaudito oltraggio!

Se la musica conserva sempre una carica detonante, le storie sono immerse in una desolazione surreale, da "Trafitto", che allenta il ritmo con il suo proclama d'apatia ("Trafitto sono/ trapassato dal futuro/ cerco una persona/ Fragili desideri/ a volte indispensabili/ a volte no") a "Noia", cupa e depressa come da titolo.

L'Emilia dei CCCP mantiene la sua verve ironica, seppur inacidita da una vena sarcastica, ma abbandona ogni traccia di bonarietà ed edonismo. Anche l'amore, si diceva, ha perso ormai ogni connotato sentimentale, ed è ridotto a una dimensione brutalmente meccanicistica: "Un'erezione, un'erezione triste per un coito molesto, per un coito modesto/ Spermi spermi indifferenti, per ingoi indigesti/ io attendo allucinato la situazione estrema" (da "Mi ami"?).

"Morire" è un'altra staffilata esiziale: Ferretti, sempre più visionario muezzin (perdonate l'abusato termine, ma si tratta pur sempre di colui che ha scritto "Punk Islam"...), infierisce sull'ascoltatore con il suo canto indolente: "Produci, consuma, crepa/ Produci, consuma, crepa/ Cotonati i capelli, riempiti di borchie/ rompiti le palle/ rasati i capelli/ crepa/ crepa". A "Io sto bene" il compito di assestare il colpo finale: su una cadenza ballabile, Ferretti intona uno degli inni del decennio: "Non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema, non faccio sport". Gli anni 80 visti alla rovescia: l'edonismo lascia posto alla depressione, il consumismo all'abulia, l'arrivismo all'insicurezza: "Io sto bene io sto bene/ io sto male io sto male/ io non so io non so/ come stare dove stare".

Il clima dark di "Allarme", inquieto tango dai sussulti rock, ("Muore tutto, l'unica cosa che vive sei tu. Solo tu, solo tu") è il preludio al lungo delirio finale di "Emilia Paranoica", manifesto del disco e forse dell'intera carriera del gruppo. Una stasi oppressiva - batteria elettronica al ralenti, con gli accordi di chitarra in sincrono con il canto sillabato e monocorde di Ferretti - improvvisamente prende velocità, con le chitarre urticanti di Zamboni a squarciare l'orizzonte; poi, tutto si blocca di colpo, e ritorna la cupa lentezza dell'inizio. L'Emilia solare dei luoghi comuni diventa una landa fredda e nebbiosa, terra di tossici e sbandati, frontiera finale dell'alienazione. "Aspetto un'emozione sempre più indefinibile" è il "testamento" finale di Ferretti.

L'album lancerà i CCCP nel firmamento del rock italiano e non solo: i concerti a Pankow e a Mosca sanciranno il riconoscimento internazionale della più internazionale tra le nostre rock band. Poi, anche Ferretti e compagni dovranno adeguarsi ai tempi e alle nuove sigle, e sarà il tempo dei CSI. Ma questa è un'altra storia.


Tracklist:
1.
CCCP
2.
Curami
3.
Mi ami? (remiscelata)
4.
Trafitto
5.
Valium Tavor Serenase
6.
Morire
7.
Noia
8.
Io sto bene
9.
Allarme
10.
Emilia Paranoica (remiscelata)


Download:
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